mercoledì 11 novembre 2009

Violenza sulle donne, per la Lega sono “gnole”

Unione Terre d’Argine, la destra va all’attacco di un Odg del Pd

Gasparini: “Offesi da un atteggiamento maschilista e populista”

La battaglia contro la violenza sulle donne, siano esse italiane o straniere? Per la Lega Nord sono “gnole”. E’ successo l’altra sera durante una seduta dell’Unione Terre d’Argine. Il Pd ha presentato un ordine del giorno contro la violenza alle donne nel quale si chiedeva all'Unione di aderire alla manifestazione indetta dall'Udi a Brescia. La Lega Nord ha definito testualmente "gnole" i contenuti dell’odg, il Pdl ha accusato il Pd di non pensare alle violenze fisiche e morali subite dalle donne extracomunitarie e ha abbandonato l'aula. L'unico consigliere di minoranza che ha votato a favore dell'odg è stato il consigliere D'Ambrosio di Soliera. L’odg fa riferimento a tutte le violenze fisiche e morali subite dalle donne, siano esse italiane o straniere, si tratti di stalking o di burqa o di violenza domestica.

“Usare pretesti – commenta il capogruppo Pd Stefania Gasparini – per trarre vantaggio politico sulla pelle di tante donne che ogni giorno subiscono violenza è offensivo e lesivo della dignità di ogni essere umano. Le donne e gli uomini del Pd si sentono profondamente offesi da questo atteggiamento maschilista e populista. Per l'ennesima volta il centro destra ha perso una buona occasione per fare buona politica”.

martedì 10 novembre 2009

Discorso di chiusura di Bersani all'Assemblea Nazionale del 7 Novembre

“Mi sono rivolto a voi come ci si rivolge ad un largo gruppo dirigente e in modo consapevole sia della rilevanza e della difficoltà del nostro impegno sia della grande forza che possiamo esprimere. Tutti noi, assieme, metteremo fiducia nel progetto, tenacia e solidità nel perseguirlo; e soprattutto davanti alla sfida nuova sapremo rinverdire gli ideali che ci hanno portati alla politica ricavando da lì energia e generosità. Perché in fondo la sostanza sta proprio qui. Un Partito giovane ci chiede di essere giovani nel cuore. Un partito nuovo”. Così ha concluso il proprio intervento Pier Luigi Bersani durante l’Assemblea 2009 che lo ha proclamato segretario del Pd.

Un discorso durato poco più di un’ora che è cominciato un ringraziamento al presidente Giorgio Napolitano, “per la personalità, la forza e l’equilibrio con cui sta esercitando il Suo ruolo di garanzia”; a Romano Prodi perchè “lo sentiamo qui con noi nelle radici profonde della nostra grande avventura”; “a Dario Franceschini che mi ha preceduto in questo ruolo e che si è confrontato lealmente con me e con Ignazio Marino in nome delle migliori prospettive del Partito”.

Quattro proposte di riforma istituzionale. “Avanziamo una nostra idea di riforma. Un idea di riforma che non affidiamo al cosiddetto dialogo, parola malata ed ambigua, ma al confronto trasparente nelle sedi proprie e cioè nel Parlamento.
Proponiamo di partire da quattro punti:
Superamento del bicameralismo perfetto, Senato federale, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento delle funzioni reciproche di Governo e Parlamento;
Attuazione dell’art. 49 della Costituzione con una coerente e moderna legislazione sui partiti;
Nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i Parlamentari, attraverso un confronto con le forze politiche cominciare da quelle dell’opposizione senza escludere una legge di iniziativa popolare;
Nuove norme sui costi della politica fissando parametri che ci mettano stabilmente e chiaramente nella media comparata dei principali Paesi europei;

Queste sono le nostre priorità sul fronte istituzionale e costituzionale”.

Crisi economica. Bersani ha voluto porre l’accento sugli spot del governo che, ben lontani dalla realtà, hanno annunciato che la crisi ormai è alle spalle. “Come nel gioco delle tre carte - ha detto Bersani - il luogo e il tempo per discutere i problemi reali sono sempre altri. Il vuoto viene coperto da divagazioni addirittura paradossali su cui si adagia il conformismo. Abbiamo discusso per alcuni giorni di posto fisso mentre decine di migliaia di precari il posto fisso lo stavano trovando a casa loro! Tutto questo alza un muro pericoloso fra dimensione sociale e realtà istituzionale e politica. Riscopriamo che senza dialettica politica e parlamentare non c’è dialettica sociale, non c’è la possibilità di inquadrare una gerarchia di problemi davvero riconoscibile dai cittadini. Parliamo dunque con linguaggio di verità di questa crisi. La crisi non è psicologica, non è una nuvola passeggera, non l’abbiamo alle spalle. Altro che dichiarazioni che la crisi è finita e abbiamo superato il Pil dell’Inghilterra. Ma quale boom economico?”.

Il sistema delle autonomie. “Uno strumento formidabile per fronteggiare la crisi è il sistema delle autonomie” così Bersani durante il suo intervento di apertura dell’Assemblea del Pd. “Nel momento in cui più forte potrebbe essere il suo coinvolgimento sia sul versante degli investimenti, sia sul versante sociale (a partire dalla risposta alle nuove povertà e a questioni acute come quelle dell’immigrazione) noi assistiamo ad un tradimento vero e proprio dei Comuni che non sanno né come fare i bilanci né come muovere le risorse che hanno. Propongo dunque come prima iniziativa di mobilitazione del Partito una assemblea di mille Amministratori del PD aperta ad Amministratori di ogni orientamento per denunciare il federalismo delle chiacchiere ed affermare quello dei fatti. Non si pensi, a cominciare dalla Lega, di poter raccontare qualsiasi favola con noi che stiamo zitti!”.

Welfare. “Vogliamo essere il Partito dell’ammodernamento del Welfare, capace di presidiare con una vera cultura di governo quei beni che non intendiamo affidare al mercato e per i quali pretendiamo un approccio universalistico: salute, istruzione, sicurezza. La nostra valutazione è questa. In questi sistemi assistiamo prevalentemente ad una riduzione e a un degrado dell’offerta, realizzati con violenti tagli lineari e con la predisposizione di battage ideologici, dal grembiule, alle ronde, ai fannulloni e con un approccio ai temi della Pubblica Amministrazione non in chiave di riorganizzazione ma in chiave di richiamo all’ordine.
I risultati li vediamo nell’impoverimento dell’organizzazione scolastica e formativa che si scarica su studenti, famiglie, insegnanti e nella condizione di disagio estremo in cui lavorano gli operatori della sicurezza. Decreti e voti di fiducia in tutte queste materie non hanno portato soluzioni, hanno portato problemi. Chiediamo che sia possibile finalmente una discussione nel merito, a cominciare ad esempio dalle nuove norme sull’Università, nelle quali riconosciamo alcune delle nostre indicazioni e che siamo quindi interessati a discutere, con il solo vincolo di una riconsiderazione dei tagli indiscriminati che si sono abbattuti su Università e Ricerca”.

L’Italia il suo ruolo in Europa. “Essere in Europa: sia nel porci all’altezza delle migliori esperienze europee senza farcene sopravanzare come sta largamente avvenendo, sia nell’affermare il nostro Paese come soggetto trainante dell’integrazione; un ruolo questo che con i Governi della destra ci è totalmente sfuggito di mano e che dobbiamo assolutamente riprendere.

Il 1° dicembre entrerà in vigore il Trattato di Lisbona. Le cose cambiano. Siamo contenti e orgogliosi che si discuta, pur in un percorso incerto e complesso, della candidatura in un ruolo di altissima responsabilità di una personalità italiana e cioè di Massimo D’Alema. E’ una novità importante il fatto che questa candidatura sia emersa non nella classica forma intergovernativa ma come indicazione politica delle forze progressiste europee e che questa proposta abbia avuto un aperto apprezzamento dalla quasi totalità delle forze politiche italiane.

Vogliamo affrontare le novità che vengono dal nuovo Trattato nel solco dell’indicazione del Presidente Giorgio Napolitano che ha detto così: “Se non ci si libera dalle pastoie dell’Europa intergovernativa non c’è futuro per l’integrazione e se l’integrazione ristagna o regredisce non c’è futuro per l’Europa ( e quindi per noi stessi nel mondo)”. Credo non si possa dire meglio”.

Preparare un alternativa. “Dobbiamo costruire il Partito che abbiamo promesso ai cittadini che ci guardano, ai militanti che ci sostengono, ai milioni di persone che ci hanno sollecitati ad andare avanti e ad avere una fiducia sicura nel nostro grande progetto. Teniamo dunque fermi i punti di fondo. Nessuna nostalgia deve imprigionarci o trattenerci; dobbiamo sentire invece la responsabilità del nuovo da costruire. Saremo un Partito che, nel bipolarismo, si rivolgerà a tutta l’area del centrosinistra, senza trattini o distinzioni di ruoli e senza pretese di esclusività e con la legittima ambizione di crescere e di farci più forti”.

Quale forma di partito. “Ribadisco qui quel che ho sempre detto nella nostra lunga campagna congressuale. Penso ad un Partito nel quale c’è bisogno di tutti e nel quale tutti devono collaborare a promuovere una nuova classe dirigente. Per questo intendo collocare nei luoghi esecutivi esponenti di una nuova generazione già sperimentata e creare attorno a loro la presenza attiva di personalità politiche che possano proteggere il cambiamento mettendo a frutto i vasti sistemi di relazione che possiamo mobilitare. Tutto questo con uno sguardo plurale e mai fazioso nella attribuzione di ruoli e di responsabilità. C’è un punto ulteriore che voglio già oggi indicare per la nostra discussione. Se gli aspetti di confronto e di selezione competitiva in cui ci siamo ampiamente esercitati in questi anni (e che andranno preservati con qualche necessario aggiustamento) non verranno messi in equilibrio con meccanismi centripeti e coesivi propri di ogni associazione, noi rischieremo fenomeni di anarchismo e di feudalizzazione. Penso che la Commissione già nominata dalla Convenzione per la rivisitazione dello Statuto dovrà occuparsi di questo; di come meglio bilanciare, ad esempio, l’ampia dialettica, l’assoluta libertà di espressione, il valore del pluralismo con l’esigenza di preservare l’autorevolezza e l’univocità delle posizioni del Partito.

Quando si parla di questo, il pensiero va subito ai temi etici di frontiera. Ma il problema non è questo. Sto parlando invece di una fisiologia che riguarda diffusamente la vita del Partito e che più facilmente impatta nei diversi luoghi del Paese con questioni relative al tracciato di una strada o a un termovalorizzatore o a una nomina piuttosto che a problemi di frontiera”.

La questione morale. “E’ al lavoro anche una Commissione nominata dalla Convenzione per perfezionare il Codice Etico del Partito Democratico. Voglio qui sottolineare la centralità della questione. Per gli obiettivi che abbiamo, noi non possiamo fare a meno della dignità e del buon nome della politica e dell’amministrazione pubblica. Quando questi si appannano, la destra ci lucra e noi paghiamo il prezzo. Dobbiamo dunque porci il problema generale di un rafforzamento della tensione civica ed etica, a cominciare da noi stessi. E’ una questione che non può essere semplificata parametrandola, come spesso si fa, sui provvedimenti giudiziari. Quel parametro, che certo ha un grande rilievo, può tuttavia essere troppo o troppo poco; non ci libera dalle nostre responsabilità.

Un Partito non è una autorità morale ma deve sentirsi tuttavia in qualche modo garante di quella dignità nell’esercizio di funzioni pubbliche che la Costituzione richiede. Una dignità che non può non comprendere comportamenti privati coerenti con la credibilità e il rispetto che un impegno pubblico pretende. Dobbiamo chiederci come mai pur avendo indicato le migliori intenzioni nelle nostre carte fondamentali, in questi due anni non sia stato possibile sanzionare nei diversi luoghi del Paese comportamenti non coerenti con i principi che abbiamo enunciato. Chiedo quindi che la Commissione Etica avanzi proposte non solo di principio ma tali da comprendere strumenti operativi efficaci per dissociare il Partito e il suo buon nome dalle deviazioni di singoli”.